Perchè un mobilificio è meglio dell’Ikea

elle decor italia*Piccolo FlashBack: io e M. abbiamo comprato casa nel 2009 decidendo di fare tutto da soli e non chiedere un euro ai nostri genitori. Tutti i nostri risparmi (ricavati dalla vendita dell’auto + vendita oro inutilizzato + qualche rinuncia) sono stati utilizzati per pagare l’agenzia, le tasse, la caparra, la banca.

Il primo anno è stato difficilissimo, perché, grazie a dei lavori pubblici eseguiti con i piedi abbiamo avuto dei problemi di umidità. Di fronte a noi avevamo due alternative: fare un esposto contro il Comune e ingabolarci con i tempi della giustizia-burocrazia italiana oppure arrangiarci.

Abbiamo deciso di percorrere la seconda strada, ma il budget dell’arredamento è stato dirottato in opere di risanamento: canaline di areazione lungo il perimetro, cappotto delle parete più esposte, rifacimento delle facciate e altre cose che sinceramente non auguro nemmeno al mio miglior nemico. Vivere in una casa che si trasforma in cantiere è davvero una delle cose più stressanti al mondo inoltre bisogna aggiungere la delusione del “compri la tua prima casa e hai problemi perché quelli del comune fanno una pendenza errata che scarica l’acqua piovana contro le tue pareti!”.

Poiché eravamo in ballo e Maurizio è riuscito a intortarmi, facendo dei conti assurdi molto lontani dai prezzi reali di mercato, abbiamo aggiunto anche degli altri lavori per lo più volti al risparmio energetico: cambio caldaia, rifacimento infissi, cambio porte interne, rifacimento di un bagno (siccome la sfiga pare perseguitarci si è rotto pure un tubo), trasformazione del garage in lavanderia.*

E così fra molte incazzature, litigate, sensazioni contrastanti, desiderio di trasferirci altrove lasciando quella casa al suo destino, abbiamo capito che in fondo, nonostante tutti i problemi avuti, a noi quella casa piace perché ha un sacco di potenzialità. Innanzitutto è grande, è molto luminosa, ha un terrazzo di oltre 30 mq che può essere trasformato in veranda, inoltre è – semplicemente – casa nostra. Ci è costata un sacco di sacrifici, non possiamo venderla.

Trovando una forza che non pensavamo di avere, abbiamo deciso di andare avanti. Dopo 6 anni di incazzature e budget per l’arredamento pari a zero piano piano le cose stanno cambiando. Seppur lentamente i risparmi tornano a crescere e così abbiamo deciso di farci un regalo: il cambio cucina. È per questo che ultimamente sul mio profilo IG vi spammo con riviste come ELLE DECOR o AD. Ovviamente il nostro budget non è altissimo, ma sognare un po’ fa sempre bene e poi chi lo sa… Magari fra qualche anno (speriamo) non avremo più problemi di budget.kitchen

Vista la scarsa qualità e l’assistenza pessima di IKEA e altre catene di arredamento lowcost, abbiamo deciso di concentrarci sui mobilifici. Ne abbiamo girati quattro e alla fine abbiamo scelto per Polonioli sito in Valle Camonica, a pochi km dalla casa natale di M.

Cosa ci ha convinto a optare per un mobilificio che propone dei prezzi che sono 3-4 volte il prezzo medio Ikea?

  1. Innanzitutto il passaparola. Più persone ci hanno consigliato questo mobilificio, inoltre abbiamo avuto l’opportunità di vedere come lavorano (dei nostri amici hanno recentemente arredato casa).
  2. Il personale. Le persone che lavorano in questo mobilificio non vengono assunte per sei mesi e poi lasciate a casa. Fanno questo lavoro da anni, si aggiornano costantemente, amano il loro lavoro (almeno questa è l’impressione che ho avuto) e propongono sempre delle alternative alle idee impossibili dei clienti.
  3. La garanzia. La cucina è garantita a vita. Se si dovesse rompere/rovinare qualcosa è disponibile il ricambio.
  4. L’assistenza. Andrea ci ha assicurato un montaggio a regola d’arte effettuato da falegnami, non da manodopera a basso costo. Inoltre è previsto un controllo successivo per la messa in squadra dopo un periodo di assestamento.
  5. Il rapporto umano. Sono stufa dei rapporti commerciali che non prevedano confronti di idee diverse, parole, strette di mano, un caffè insieme. Lo stile di vita lowcost non fa più per me. I nostri tempi sono già fin troppo grigi, investire in qualcosa di bello che dura nel tempo è molto più soddisfacente.

PS: preparatevi a una serie di post inerenti alla casa! Non posso non condividere questa avventura con voi.

PRIMA DELUSIONE DELL’ANNO: IL RISTORANTE ACANTO AL PRINCIPE DI SAVOIA

Scrivo questo post di getto e, forse proprio per questo, scrivo in italiano.

Recentemente (sabato per la precisione) ho avuto la sfortuna, la malasorte proprio così, di pranzare al ristorante Acanto del Principe di Savoia.

Era parecchio tempo che desideravo mettere le mie gambe sotto quel tavolo. Un po’ per le recensioni lette (online soprattutto), un po’ perché il loro profilo IG è bellissimo, un po’ per semplice curiosità, un po’ perché mi piace coccolarmi.

Visto l’ambiente – hotel 5 stelle lusso – e il dress-code, il mattino vado anche dal parrucchiere (nella speranza di domare i miei ricci e sembrare il meno disordinata possibile).

Alle 13.15, con un quarto d’ora di anticipo, io e Raffaello entriamo al Principe di Savoia.

È presto, in sala non ci sono ancora ospiti: decidiamo di fare un aperitivo nella lobby.

E qui la prima delusione: Raffaello, deciso, prende un americano, io un po’ titubante provo ad accennare “qualcosa di analcolico” nella speranza di avere alternative fantastiche fra cui scegliere (del resto il bar è rinomato per i cocktail). Mi sento rispondere: “Sanbittér o Crodino?”

Scruto l’ambiente, lo esploro – chiacchiero col mio amico – rimurgino sulla risposta “Sanbittér o Crodino?”.

Ore 13.45, camminiamo verso la sala da pranzo.

Delusione numero 2: la carta.

La carta è obsoleta, monotona, antiquata. Inoltre c’è solo una proposta di menù completo (a base di astice).

Non un menù fantasioso, non un menù vegetariano… solo un maledetto menù all’astice.

Un po’ confusi, io e Raffaello ci guardiamo, ed etichettiamo subito l’Acanto come “old fashioned”.

Non avendo molta scelta, facciamo anche in fretta a decidere (vado a memoria e cito gli ingredienti principali):

  • Raffaello: salmone con avocado e risotto con amarone e radicchio.
  • Io: tortino di carciofi e stracciatella, ravioli di zucca con noci e crema di taleggio.
  • Vino: una bottiglia di bianco biologico di cui non ricordo il nome.1603737_IMG_20150210_130027 1739258_IMG_20150207_174740

Il cameriere è impeccabile, ma rigido. Effettua il servizio come da copione e non sorride. L’unica simpatica sembra essere la sommelier.

Guardo Raffello e un po’ mi sento in colpa. Lui voleva andare al giapponese, mentre sono stata io a proporre l’Acanto.

Delusione numero 3: il pane. In qualsiasi ristorante, stellato o meno, viene servito il cesto del pane. Non qui!!!!! Il cameriere arriva con un cestino gigante, uno di quelli che il mattino si trovano sul buffet della colazione, e ci fa scegliere fra pane bianco, pane integrale, focaccia con pomodoro, etc… io opto per quello integrale, Raffaello per quello bianco. Non vedremo più altro pane per tutta la durata del pranzo!!!

Prima degli antipasti arriva un pinzimonio: carote – puntarelle (un po’ vecchie e marroncine alla base) – salsa di acciughe. Sgranocchio una carota, parlo, rimurgino.

Arrivano gli antipasti.

Avevo letto di una cucina contemporanea, classica ma rivisitata. Mi aspettavo una presentazione “artistica” e invece no! Gli ingredienti abbinati grossolanamente, seppure con gentilezza, non consentono né a me né a Raffaello di percepire il significato degli accostamenti. Guardiamo il piatto e nessuno lo spiega. Qual è il senso o l’idea dello chef di accostare il tortino di carciofi, alla stracciatella, alle zucchine fritte e ai pomodorini??

Primi:

  • Il risotto di Raffaello è privo di vivacità, livellato nel piatto (forse i coppa pasta non vanno più di moda), noioso e di un colore nemmeno troppo invitante.
  • I miei tortelli: pasta non troppo sottile e ben cotta, ripieno abbastanza cremoso, ma sinceramente ne ho mangiati di migliori. La crema di formaggio stanca e inoltre è troppa per 7 tortelli.

Dolce, ultima delusione. La più grande!

Non c’è una carta del dolce, ma un carrello con tre torte, vado sempre a memoria: una frolla con mele verdi e crema, una torta al cioccolato, un pandispagna con una mousse al limone e lampone.

Raffaello opta per la frolla, io per quella al lampone.

Le fette di torta vengono servite con poca eleganza e, come al solito, senza sorrisi.

La mousse ha un retrogusto che mi ricorda la maionese ed io odio la maionese, i lamponi sono invece una gelatina ai lamponi. Il mio dolce non verrà finito.

La sezioni dolci è stata la delusione peggiore, almeno per me che sono super golosa. 2015, albergo superlusso, ti vanti di essere un’icona dell’ospitalità milanese e non hai una carta dei dolci a pranzo.

Sul profilo IG ho visto creazioni magnifiche, in monoporzione fra l’altro, vengo a pranzo e non posso scegliere, anche in una qualsiasi pizzeria c’è la carta dei dolci!

Faccio un commento su IG e la persona che cura il profilo dell’albergo mi risponde che a mezzogiorno non è prevista la carta dei dolci. Ed io mi chiedo: ma perché non lo indicate sul sito che a pranzo il menù è ridotto? A saperlo mi sarei organizzata per la cena!

Comunque, mi sto dilungando troppo. Provo a tirare le somme:

  • Io e Raffaello non abbiamo mangiato male, sia chiaro, semplicemente siamo rimasti delusi. Ci aspettavamo un livello di ristorazione allineato a quello di un ristorante stellato, sbagliavamo. Solo i prezzi sono in linea con i ristoranti stellati. (2 antipasti + 2 primi + 2 dolci + 2 caffè + 1 bottiglia di vino: 220 euro);
  • La cucina nella sua “classicità” è noiosa, priva di creatività, stereotipo. Il menù sembra indirizzato più a quello che piace alla clientela straniera (russa tendenzialmente) che non a promuovere l’unicità e l’autenticità della cucina italiana. Mi aspettavo una cucina più fantasiosa invece mancano il coraggio e la personalità dello chef;
  • Un cameriere che non comunica l’idea della cucina, il perché degli accostamenti, l’origine degli ingredienti, priva il piatto del suo significato perché ogni testa è un mondo, ma uno chef non trasmette telepaticamente, al cliente, le sue idee;
  • Mangiare non è solo un atto fisiologico che si esaurisce nel nutrirsi. Se voglio nutrirmi non opto per il Principe di Savoia. Opto per il Principe di Savoia, perché voglio qualcosa in più: un’esperienza gastronomica, perché per un giorno voglio sentirmi una principessa, perché voglio essere coccolata. Il vero lusso, ma questa è una mia opinione, è sentirsi i benvenuti, sedersi a un tavolo e raggiungere la propria comfort zone, non aver ancora finito di pranzare e voler già ritornare. Lusso non coincide con camerieri ben vestiti, rose al tavolo, tovagliato perfettamente stirato. Un’opera d’arte diventa bella quando ha un’anima, se l’anima manca, anche la cornice più preziosa perde valore.

My tiramisù which isn’t “too sweet”

tiramisù

The tiramisù is not one of my favorite desserts and, honestly, I can’t understand why in Italy, and abroad, is one of the most popular and loved.

Maurizio, instead, loves it and so… Sometimes, especially when I want that Maurizio forgive me, I prepare it.

The recipe foresees that coffee is sweetened with a bit of sugar and flavored with a shot of liquor, but honestly I avoid this step. Maurizio is teetotaler and I hate liquor, furthermore, neither of us like “too sweet” dessert.

For what regards the biscuits instead of the savoiardi (ladyfingers) I use the pistoccus (Sardinian savoiardi), very similar to ladyfingers but larger, less brittle and less sweet. In addition the pistoccus absorb more coffee so my tiramisù is not overly sweet and tedious.

tiramisù 2tiramisù 3tiramisù 4

RECIPE FOR 6 PORTIONS

  • 250 g of mascarpone
  • 3 eggs
  • 15 pistoccus
  • 3 tablespoons of brown sugar
  • A cup of cold coffee
  • Cocoa powder
  1. Whip the egg whites.
  2. In a bowl, mix the egg yolks with the sugar and knead until the mixture is fluffy.
  3. Stir gently the mascarpone first and then the egg whites.
  4. Cover the bottom of a rectangular dish, with high sides, with a layer of pistoccus. Brush the pistoccus with coffee and cover them with the mascarpone cream.
  5. Continue to layer until all the ingredients are used.
  6. The last layer should be the mascarpone cream dusted with cocoa powder.
  7. Let it rest in the fridge for at least three hours.

One Egyptian dessert called Belila

What I propose today is a recipe of one Egyptian sweet course called Belila.belila

The Belila is very similar to pudding, but is prepared with wheat instead of rice, milk and served with nuts, almonds, dried fruit, pistachios.

The Belila is typically prepared for breakfast, but it’s a great wintery snack (perfect for a foggy day).

My version of Belila is vegan. Instead of cow’s milk I used almond milk, moreover, instead of wheat I used the pearl barley grown in a biodynamic farm a few miles from my house.belila

RECIPE FOR TWO (I have adapted the original recipe available on the book Cairo Kitchen by Suzanne Zeidy)

  • 50 g Pearl barley
  • 250 ml Almond milk
  • 50 g Brown sugar
  • 20 g Corn flour
  • 10 g Pistachios
  • 10 g Almonds
  • Dried apricot
  • Dried coconut
  1. Soak the barley in water overnight. Refresh in cold running water and simmer the barley in fresh water in a pan for 25-30 minutes until tender. Drain.
  2. Heat the milk until boiling than add the brown sugar and stir. Add this mix to the cooked barely and simmer for 20 minutes.
  3. Add the corn flour slowly in the barley mixture, continuously stirring for ten minutes until thick.
  4. Pour the belila into two bowls and allow to cool a little.
  5. Garnish with almonds, pistachios, coconut and apricot.